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19 dicembre 2014

Il significato arcano della Festa dell'asino




«Nel suo libro sul segreto delle cattedrali, Fulcanelli osserva che l’asino della Festa dei pazzi aveva un tempo percorso le vie di Gerusalemme. Dice che aveva calpestato quelle strade con il suo sabot. So che sabot significa sia zoccolo dell’asino sia calzatura di legno, ma mi chiedo se la parola non abbia qualche significato arcano che faccia lume sulla Festa dei pazzi.»

Il maestro annuì. «Sì, sabot è una parola molto interessante. Ma per comprenderne il significato riposto occorre conoscere anche i segreti nascosti in quella replica pagana dell’entrata dell’asino a Gerusalemme che è la Festa dei pazzi, e il significato arcano dello stesso asino. In questa celebrazione anarchica, chiamata a volte anche Festa dell’asino, l’animale veniva sospinto oltre il portale della chiesa o della cattedrale, dentro la navata, in una oscena imitazione dell’ingresso a Gerusalemme (la navata che i pazzi in maschera percorrono è imparentata con la parola nave, associazione che non sfuggì all’autore della Narranschiff, La nave dei folli). Nelle preghiere blasfeme che seguivano, i presenti anziché dire “Amen”, ragliavano. Ciò potrebbe sembrare un sacrilegio, anche nel contesto della Festa dei pazzi in cui pure il dileggio e la licenziosità erano all’ordine del giorno. Ma noi dobbiamo porci un’altra domanda: quel sacrilegio aveva un significato arcano?

«In ebraico l’asino è hamor, e athon l’asina. Nella Bibbia, quando Zaccaria profetizza che il Signore arriverà in groppa a un asino – profezia che si compirà con l’entrata di Gesù a Gerusalemme – egli usa la parola athon. L’ingresso di Gesù in groppa a un asino viene di solito interpretato come un segno di umiltà, della riluttanza di Cristo a presentarsi come re. Ma l’episodio può essere visto anche diversamente. Poiché in Palestina era proibito andare a cavallo (un divieto infranto, a quanto pare, da Salomone), l’asino godeva di una considerazione diversa da quella attuale: non era affatto una creatura degradante, dal momento che se ne servivano anche i re e i ricchi (sia uomini sia donne), anzi, il termine “asina” nella forma plurale athona era spesso usato per indicare i potenti e i danarosi. È facile capire perché gli alchimisti (molti dei quali conoscevano l’ebraico, indispensabile per praticare la loro arte) si siano così entusiasmati alla storia dell’asino: nella loro Lingua Verde athona assomigliava troppo ad atanor, per non risvegliare il loro interesse. L’atanor era un forno ad alimentazione continua che gli alchimisti usavano per mantenere costante la temperatura: non sorprende quindi di vedere, in opere di alchimia, immagini alchemiche di Saturno o di “re” solari (che simboleggiano i gradi iniziatici) situate sopra i forni.

«Gli studiosi sono sempre stati in disaccordo sull’etimologia di “Gerusalemme”, ma nella cabala, la legge esoterica degli ebrei, essa significa “fondamento di pace”. Questa interpretazione ricorda l’importanza che veniva attribuita al tempio di Salomone, il quale si ritiene sorgesse in origine in questa città. L’asino, che durante il Festum Fatuorum oltrepassava con il suo cavaliere la soglia della chiesa o della cattedrale, entrava in un certo senso a Gerusalemme, ossia nella pace. Ma quest’asino, che porta, per così dire, in groppa un’imitazione di Cristo, ha gli zoccoli, che in francese si chiamano sabots. Fulcanelli ha perfettamente ragione nel collegare sabot sia con Saba sia con Caba. Torneremo sulla prima parola tra un momento, per ora osserviamo che Caba rinvia al mistero della Cabala, la tradizione esoterica degli ebrei.

«La terra di Saba è in realtà la terra dei sabei. Nell’antica Persia i sabei erano famosi maghi-astrologi, così potenti, che i maghi medievali usavano il loro nome come parola magica: e infatti “sabei” compare spesso sui sigilli e negli incantesimi. 

L’idea del “potere magico” del nome “sabei” è filtrata anche nella mitologia medievale, tant’è vero che nella Legenda aurea, la regina di Saba, grazie al suo potere magico di chiaroveggenza, riconosce in una tavola di legno, gettata come passerella su un fiume, la Croce di Cristo. Ma la cosa che qui ci interessa è che i sabei erano maghi famosi, e che la parola francese Saba con cui vengono indicati è molto vicina a sabots, “zoccoli”.

«Ma c’è dell’altro: Saba è molto simile a sabba, termine con cui si indicavano i convegni delle streghe: ancora oggi in francese faire un sabbat significa “fare un fracasso infernale”. Espressioni come queste ci avvicinano all’esuberanza sfrenata che doveva caratterizzare la Festa dei pazzi.

«Siamo così arrivati a uno dei grandi segreti del Medioevo. La parodia della Chiesa – espressa nella pietra attraverso particolari come l’asino in abito talare, o in modo più effimero nelle rappresentazioni dell’annuale Festa dei pazzi – andava ben al di là della farsa. Alcuni iniziati, nel silenzio delle loro scuole, avevano da tempo capito che la Chiesa, abbandonato il suo fine esoterico, era diventata un organismo burocratico simile all’Impero romano. Furono questi iniziati a inventare, o comunque a ispirare, simboli segreti come quello dell’asino per attaccare una Chiesa troppo compiacente. In questo modo il frastuono del sabba veniva portato oltre i sacri portali della Gerusalemme simbolica, che avrebbe dovuto essere un luogo di pace, e si comunicava alla Chiesa che il suo andazzo non era passato inosservato. La domanda che questa festa anarchica poneva era: chi è il Matto? L’asino che porta Cristo oppure la Chiesa che ha cessato di portare Cristo?

«Tra i documenti iconografici più interessanti del periodo in cui la Festa dei pazzi era così popolare si trovano le filigrane riproducenti la figura dell’asino: in mezzo alle grandi orecchie dell’animale è inserita una stella a cinque punte. Harold Bayley, studioso della materia, sostiene che questi segni appartengono alla lingua occulta di gruppi esoterici perseguitati dalla Chiesa: essi sono, dice, un’immagine dell’asino glorificato, iniziato, ossia dell’asino che ha riportato Mosè in Egitto e Cristo a Gerusalemme. 

«E dunque anche le filigrane indicano l’esistenza di una via iniziatica asinina: è la Via del Matto, e a guidarla è una stella.»

Mark Hedsel, L'iniziato

7 dicembre 2014

Il vero significato della magia




«La magia esiste»: fu questa una delle prime cose che Mark Hedsel mi disse quando cominciammo a lavorare al libro. «La magia esiste» ripeté, «ma è stata fraintesa.»

Lo guardai con aria interrogativa, nella speranza che si soffermasse su un tema così allettante.

«Molti pensano che la magia consista nel capovolgere le leggi di natura» proseguì. «E invece la vera magia non capovolge un bel niente. La magia è semplicemente il risultato che consegue quando l’attività creativa del mondo spirituale viene incanalata nel mondo materiale. I maghi sono coloro che conoscono le regole per “invitare” questo intervento spirituale. La magia ha molto più a vedere con la conoscenza che con il potere: soltanto chi pratica la magia nera si preoccupa del potere.»

Sorrise con ironia. «Ma non credere che tutti quelli che si dicono maghi abbiano il potere di provocare l’intervento spirituale.»

«Se la magia, come dici tu, consiste nell’incanalare l’attività del mondo spirituale» osservai, «allora anche un giardiniere che fa crescere un fiore è un mago?»

«Ma certo. Come ha osservato un cabalista moderno, ogni volta che prepariamo come si deve una tazza di tè, invochiamo con successo i quattro elementi. Fai attenzione, però: a te sembra “naturale” che una pianta sbocci e dai per scontato che la fioritura segua le leggi della natura. È un’ipotesi molto ragionevole, ma non tiene conto di un fatto: noi non sappiamo cosa siano quelle leggi. In una pianta che cresce e fiorisce noi vediamo soltanto qualcosa che si sviluppa e si dispiega sul piano materiale. E invece essa è la manifestazione di qualcosa che avviene al di là della soglia dei nostri sensi, non credi?

«La scienza non ci dice quale sia la forza che spinge un seme nella terra e poi lo fa affiorare alla superficie, germogliare e fiorire con tanta colorata grazia. Quella grazia, quelle sfumature intense vengono forse dalla nera terra? La verità è che non sappiamo che cosa sia un fiore. La scienza ci ha sviato: pensiamo di aver capito, e invece ci siamo limitati a descrivere un processo di germinazione, radicazione, crescita e fioritura. Forse arriviamo a descrivere il fenomeno con una discreta precisione, ma non di certo a capirlo. Ci lasciamo troppo facilmente ingannare dalle manifestazioni esteriori, dimenticando il potere dell’invisibile. Se riuscissimo davvero a comprendere che cos’è un fiore, capiremmo anche l’operato dell’eterico e godremmo della visione spirituale che segna il primo passo sulla strada della vera iniziazione.

«Prendi, per esempio, la fase che chiamiamo “fioritura”. Normalmente pensiamo che il fiore costituisca lo stadio finale nella vita di una pianta, ma ciò non è del tutto esatto. Esaminando la vita della pianta alla luce del pensiero esoterico, si colgono ulteriori sviluppi. L’ape può per certi versi essere considerata la continuazione del fiore, e allora il nettare appare come una fase superiore della pianta: non è certo per caso, osserva Goethe, che la farfalla in volo ricorda i petali di certi fiori. Guardando il fiore e la farfalla con immaginazione, si vedrà in quest’ultima uno stadio più alto di sviluppo, o se preferisci, di evoluzione della pianta. E anche il profumo del fiore (cosa forse più immediata da percepire) rappresenta uno stadio superiore della vita vegetale, un livello di sviluppo spirituale che va oltre il fiore… In questo senso il fiore, pur essendo abbarbicato alla terra, si estende in uno spazio molto più ampio di quello che occupa nel giardino.

«Noi moderni, con le nostre parole e i nostri atteggiamenti, abbiamo ucciso la capacità di cogliere l’intervento dello spirito, che potremmo chiamare magico. Anche se siamo pronti a dire di non sapere che cosa sia veramente la magia, non siamo però disposti ad ammettere di non sapere che cosa sia la natura. Certo, possiamo descriverne le forme esteriori, ma è soltanto quando ne percepiamo le forze interiori che la natura può essere compresa.»

Mark Hedsel, L'iniziato