23 marzo 2016

La Sheelah-Na-Gig




La Sheelah-Na-Gig è una delle più strane testimonianze del paganesimo che si possano vedere nelle chiese europee. È l’immagine di una donna con le pudende esposte in modo tale da sembrare una porta spalancata. Il riferimento alla vulva come porta della nascita è chiaro: la figura aveva, forse anche nel mondo pagano, un’origine iniziatica. Meditando su questa immagine si ha l’impressione che la kteis terrena – il didietro della capra, tanto per intenderci – si sia tramutata nella bocca di una vergine sacerdotessa. L’apertura verticale è una promessa di accesso iniziatico, che conduce al di là del corpo fisico della Sheelah.

Si potrebbe forse sostenere che la Sheelah non è più pagana, che raffigura la nascita umana di Cristo, o che simboleggia il Cristo, come portale della vita. Ma sono argomentazioni che si smentiscono da sole, perché la Sheelah è molto più antica del cristianesimo e non basta cambiare interpretazione per cambiare il significato di un simbolo. Che queste immagini lascive siano riuscite a sopravvivere in tante chiese cristiane è già di per sé motivo di meraviglia e forse nasconde una lunga storia.

Secondo Gerald Massey, Sheelah deriva dall’egiziano sherah, che significa “sorgente”, “acque sorgive”, ma anche “rivelare”, “mostrare”, che è precisamente quanto fa la Sheelah dalle facciate e dai campanili delle chiese medievali: mostra le sue parti intime, la sua kteis. Avrete già capito che se non solo il nome, ma anche l’immagine è di origine egizia, allora la Sheelah esibisce il ru.

Senza alzarsi dalla sedia, il maestro allungò il braccio verso la lavagna e disegnò le due curve che formano il geroglifico, accentuando il movimento per dimostrare che il ru era formato da due falci di Luna.

Questo antico segno era a un tempo una kteis, una bocca e una porta, ed era costituito da due mezzelune. Il ru era la porta di ingresso al mondo spirituale, quella che conduceva nella camera dell’iniziazione. Era il passaggio della nascita, posto tra il regno materiale e quello spirituale. Il legame con l’iniziazione si è conservato, per esempio, in Irlanda dove la Sheelah viene talora chiamata Patrick’s Mother, “la madre di Patrizio”, e questo ci ricorda che fu San Patrizio a introdurre sull’isola l’iniziazione al cristianesimo, sostituendo agli antichi metodi iberici dei druidi quelli più avanzati di Cristo. La conversione fu graduale, e le immagini e i luoghi sacri più antichi continuarono a esistere. Già questo è di per sé interessante. Perché, se c’è al mondo una terra in cui gli antichi siti di iniziazione pagana sono ancora vivi, questa è l’Irlanda.

Ma torniamo al ru. Se è vero che è sopravvissuto nella figura semi oscena della Sheelah, è anche vero che compare in immagini cristiane molto più pudiche. Ru è diventato la Vesica Piscis, la mandorla mistica, che nell’arte medievale circonda la Madonna e a volte Cristo. La Vesica è formata anch’essa da due mezzelune che si incrociano. Comprenderete, naturalmente, quanto sia straordinario che la Sheelah sia riuscita a sopravvivere nell’arte ecclesiale: la kteis, per quanto ben mascherata, non è ovviamente un simbolo cristiano, d’altra parte la Sheelah non fa di certo mistero della sua mercanzia.

Se Massey è nel giusto, e il gig del nome deriva dall’egiziano kekh, allora il nome tutt’intero allude alle sue origini iniziatiche, e poiché in egiziano antico kekh significava “santuario”, si capirebbe perché mai la Sheelah si trovi esclusivamente sui muri delle chiese. O c’è forse ancora un significato più profondo? Che la Sheelah sia il retaggio – forse l’unico rimasto nell’arte cristiana – dell’antica magia sessuale tanto diffusa nel mondo pagano e ancora oggi praticata in oriente fra i tantrici? Quanto più si considera la questione, tanto più si è indotti, io credo, a vedere proprio questo nella Sheelah.

Mark Hedsel, L'iniziato